mercoledì 19 settembre 2012
La madre dei sogni
inghiottiti dalla nebbia poco prima dell'aurora,
restituiti dalla notte pazza e muliebre
puntellata di stelle e da facili incontri.
Speranze stipate in fondi di bottiglia,
incroci di sguardi senza attenzione.
Il danzatore folle che si muove nell'oscurità,
che vomita parole ubriache ai passanti senza nome.
Ignorato, vacilla nel buio, tentenna malfermo
tra le sue convinzioni alcoliche
avvinazzate dal buon senso.
Gira l'angolo, e sparisce al sorgere del sole.
- Amedeo 'Vincent' Di Luna -
Mr.Black
Mr.Black si nasconde tra la folla
giovedì 21 giugno 2012
La Chimera
21 settembre
venerdì 8 giugno 2012
La sintassi della paranoia
martedì 5 giugno 2012
Pensieri sparsi V
-di non temere-,
mercoledì 30 maggio 2012
Stilla di libertà
è un popolo di demoni
una stirpe, onestamente tagliata,
su quella sozza libertà.
martedì 29 maggio 2012
Un sepalo di rugiada
Desiderio antico
un animale demoniaco;
Origami di carta
Pensieri sparsi IV
un albero...
sta per nevicare!-
lunedì 28 maggio 2012
Pensieri sparsi III
una siepe,
Pensieri sparsi II
sabato 26 maggio 2012
Pensieri sparsi
suggellarti in questo mare.
venerdì 25 maggio 2012
L’enigma della farfalla
Iena di pietà
giovedì 24 maggio 2012
Je dis Chance
Chacun de nous peut recevoir
la part de mystère de l'autre
sans en répandre le secret;
Et la douleur qui vient d'ailleurs
trouve enfin sa séparation
dans la chair de notre unité,
Trouve enfin sa route solaire
-au centre de notre nuée-
qu'elle déchire et recommence.
Désolé si ça vous trècasse!
Francis
lunedì 21 maggio 2012
Una sillaba
domenica 20 maggio 2012
Quel pellegrino
giovedì 3 maggio 2012
Io sono il tempo, io sono l’Altro
Concludo con una parodia come modo dell'apertura tratta da -La gita- di Krishna:
“Io sono il tempo, io sono l’Altro”
mercoledì 2 maggio 2012
Cose dell'altro Mondo!
Il fantasma di produzione, dove la agenzie della conoscenza criticano, l'umano troppo umano, necessita, quindi, di decifrazione dei moti dell'anima, per instaurare la genetica dell'uguaglianza e della comunanza. L'idea di bene applicabile a tutti.
mercoledì 25 aprile 2012
L'Uno, i racconti e la fantasia
"Mi aveva subito affascinato l'immagine costruita da Giulia, della fanciulla insanguinata e del suo compagno, entrambi immobili davanti alla finestra. Continuavo a pensarla e a ripensarla. Anzi, a guardarla e riguardarla ancora da tanti punti di vista, catturato dalla straordinaria presenza visiva dei due giovani, lei a sinistra, così mi si presentava di spalle, le due chiazze grandi di sangue appena al di sotto della cintura alta del vestito bianco lungo fino ai piedi, lui di profilo, gli occhi fissi sul volto dell'amata, senza alcun segno di turbamento, e sullo sfondo, oltre la finestra, le colline, verdi con gli arbusti gialli. Il fascino esercitato su di me da questa immagini derivava mi sembra dal contrasto tra lo strazio del corpo della fanciulla, ferito e sanguinate e l'immobilità delle forme perfette dei due amanti fissate in una bellezza estatica non toccata dal movimento del tempo e delle emozioni. O anche dall’ambiguità percettiva di due scene in sovraimpressione. Una scena di idillio trasognato di due giovani accanto ad una finestra, solo a cancellare le rosse chiazze di sangue dal vestito bianco della fanciulla, diventa immediatamente, appena si restituiscono le macchi all'abito, una scena surreale in cui una donna fa come se non fosse stata colpita a morte e il suo compagno ugualmente fa come se non vedesse il corpo che non può non vedere dell'amica ferita e sanguinante. Mi sembrava che questa immagine fosse riuscita a catturare, per poi trasmetterlo in linee semplici e straordinariamente esplicite, l'impatto delle vicende narrate da Giulia negli ultimi tempi. Quattro mesi prima della conversazione sopra trascritta, Giulia era stata operata di un tumore addominale. Successivamente, e il trattamento continuava al momento della nostra conversazione, Giulia era tata sottoposta ad un ciclo di irradiazioni sulla zona sede del tumore asportato. La morte, la morte del corpo, il corpo ce dà la morte, la rabbia, la sfiducia, l’impotenza di uno specchio senza rampini, lo stupore incredulo, il rammarico, il piagnisteo, il gioco breve della sfida sprezzante, il coro antico e il melodramma che avevano occupato, senza però dilagare, almeno non sempre, parte delle ultime conversazioni. Anche in questa su cui discutiamo, Giulia l'aveva aperta parlando di un freddo ai piedi, di noia, disperazioni, di morte, da dare e da ricevere, nella forma del rifiuto scomposto culminante al grido al terapeuta: "uccidi o mi uccido." Invocazione che potrebbe anche dare il titolo alla scena iniziale. Mentre il titolo appropriato per la scena degli amanti suonerebbe piuttosto: Come niente fosse. Da questa scena proveniva il rimprovero della fanciulla al compagno: "Io sto morendo e tu non fai niente per me." E nello stesso tempo giungeva la gratitudine verso l'amante: "Tu vedi il mio corpo straziato, ma non aggiungi inutile sofferenza mostrando la tua disperazione." O anche l'esortazione della fanciulla a se medesima: "Non è il caso di fare tante storie per una ferita o per una morte." Le stesse parole, ed altre, il terapeuta aveva sentito provenire a osé, da se stesso e da Giulia, nei giorni passati, come ora le sentiva provenire dai due amanti alla finestra. Si era occupato troppo, quando non era il caso, o non abbastanza quando sarebbe stato necessario del corpo ferito di Giulia? Aveva fissato con una indebita pena gli occhi sul sangue e sulla morte quando Giulia implorava di non essere vista, oppure aveva fatto come se non ci fossero il corpo, il sangue, la morte, quando al contrario Giulia aspettava il lenimento del compianto condiviso? Era di rimprovero il cenno che ora Giulia gli indirizzava, perché non si occupava del suo corpo avendole chiesto di raccontare una favola o di gratitudine perché mostrava di non vederlo?" [Disidentità, Lai Giampaolo]
Riccardo
martedì 24 aprile 2012
L'Uno, i racconti e la fantasia
Da Disidentità, Giampaolo Lai
mercoledì 18 aprile 2012
I buoni cani
il cane girovago, il cane saltimbanco, il cane il cui istinto,
come quello del povero, dello zingaro e dell’istrione,
è meravigliosamente pungolato dalla necessità,
questa buona madre, vera patrona delle intelligenze!
Canto i cani delle disgrazie, sia quelli che vagano solitari
per le gole sinuose delle immense città, sia quelli che
hanno detto all’uomo derelitto, con i loro occhi scintillanti
e profondi: “Prendimi con te, e delle nostre due miserie
faremo forse una sorta di felicità!”.
Charles Baudelaire. - Spleen de Paris-.
domenica 15 aprile 2012
Ode alla vita
Lentamente muorechi diventa schiavo dell'abitudine,ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,chi non cambia la marcia,chi non rischia e cambia colore dei vestiti,chi non parla a chi non conosce.Muore lentamente chi evita una passione,chi preferisce il nero su biancoe i puntini sulle "i"piuttosto che un insieme di emozioni,proprio quelle che fanno brillare gli occhi,quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,quelle che fanno battere il cuoredavanti all'errore e ai sentimenti.Lentamente muorechi non capovolge il tavolo,chi è infelice sul lavoro,chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,chi non si permette almeno una volta nella vita, di fuggire ai consigli sensati.Lentamente muore chi non viaggia,chi non legge,chi non ascolta musica,chi non trova grazia in se stesso.Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,chi non si lascia aiutarechi passa i giorni a lamentarsidella propria sfortuna o della pioggia incessante.Lentamente muorechi abbandona un progetto prima di iniziarlo,chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.Evitiamo la morte a piccole dosi,ricordando sempre che essere vivorichiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.Soltanto l'ardente pazienzaporterà al raggiungimentodi una splendida felicità.Martha Medeiros
domenica 1 aprile 2012
Come granelli di sabbia
- Amedeo 'Vincent' Di Luna -
venerdì 23 marzo 2012
Poesia senza titolo
la melodia del suono più dolce
il vino più inebriante;
un immagine in bianco e nero
un'idea romantica
un ideale utopico.
Vorrei morire dopo aver suonato la canzone perfetta
la musica del mondo intero,
dopo aver cantato la poesia di tutti gli uomini.
Vorrei salire sulla montagna più alta
e gridare forte il mio amore.
Facce anonime senza nome
e senza storia.
E dopo tutto questo
vorrei morire.
La morte è la fine di quel film
che noi tutti chiamiamo vita,
dove se non è successo almeno un fatto
che meriti di essere ricordato,
allora l'attesa della morte sarà angosciante.
Vecchi e stupidi sotto le coperte di un letto malconcio,
in attesa di essere portati via.
Amedeo 'Vincent' Di Luna
sabato 17 marzo 2012
L'artificio Intellettuale
Francis
La lingua savant
Il rapporto che ho con la lingua è estetico, nel senso che trovo alcune parole o combinazioni di parole particolarmente belle e stimolanti. A volte leggo e rileggo una certa frase per le sensazioni che suscita in me. I sostantivi sono le mie parole preferite, perché sono le più semplici da visualizzare. Ho un ottima memoria visiva, e quando leggo una parola o una frase chiudo gli occhi e la visualizzo, dopodiché la ricordo perfettamente. Vi sono alcuni aspetti della lingua che trovo più problematici di altri. Le parole astratte sono molto più difficili da capire per me e ho un'immagine mentale di ognuna che mi aiuta ad afferrarne il significato. Ad esempio la parola “complessità” mi fa pensare ad una treccia di capelli con varie ciocche che formano un insieme composito. Allo stesso modo la parola “trionfo” evoca nella mia mente l'immagine di un grande trofeo dorato. Se sento parlare del “trionfo elettorale” di un politico, immagino quest'ultimo che solleva un trofeo sopra la testa come l'allenatore di una squadra di calcio. Alcune strutture sintattiche sono particolarmente complicate da analizzare per me, come: "non è inesperto in queste cose", dove le due negative (non e in) si annullano. Da bambino trovavo decisamente oscure le espressione idiomatiche. Quando sentivo che qualcuno aveva del fegato pensavo: ma non lo abbiamo tutti il fegato? […]
Da bambino accarezzai per anni l'idea di creare una lingua tutta mia per alleviare la mia solitudine e godere del piacere che provavo giocando con le parole. A volte, quando sentivo un'emozione particolarmente forte o mi trovavo di fronte a qualcosa di molto bello, nella mia mente si formava spontaneamente una parola nuova che non avevo idea da dove venisse. Allo stesso modo, trovavo spesso al lingua dei miei coetanei stridente e confusa. Venivo preso in giro perché usavo frasi lunghe, accurate ed eccessivamente formali e, quando ricorrevo a uno dei miei neologismi per esprimere ciò che sentivo, non venivo quasi mai capito. I miei genitori mi dicevano di smettere di "parlare di modo strano". Malgrado ciò, continuai a sognare che un giorno avrei parlato una lingua tutta mia che mi avrebbe aiuto ad esprimermi compiutamente e che non sarei stato preso in giro o rimproverato per il fatto di utilizzarla. Quando smisi di studiare mi resi conto che avevo il tempo di perseguire seriamente quell'idea. Scrivevo le parole che mi venivano in mente e sperimentavo diverse possibilità di pronuncia e di costruzione delle frasi. Battezzai la mia lingua "manti" dal finlandese “manty” che significa pino. Molte delle parole del manti sono di origine baltica e scandinava cosi come i pini sono originari dell'emisfero boreale e sono particolarmente diffusi in Scandinavia e nella regione baltica. Ma c'è un altro motivo per la scelta di questo nome: i pini crescono spesso insieme in grandi gruppi e simboleggiano l'amicizia e la collettività.
Il manti è provvisto di una sua grammatica e di un vocabolario composto da oltre mille parole, ed è in continuo divenire. Ha attratto l'interesse di numerosi studiosi del linguaggio che ritengono possa contribuire a far luce sulle capacità linguistiche che condivido con altri savant.
Uno degli aspetti che amo di più di giocare con la lingua è la creazione di nuove parole e idee. Nel manti cerco di fare in modo che le parole riflettano i rapporti fra cose diverse: “hamma” (dente) e “hemme” (formica, un insetto che morde) e “rat” (cavo) e “ratio” (radio). Alcune parole hanno significati multipli e correlati: “puhu”, ad esempio, può significare vento, respiro e spirito.
Il manti possiede molte parole composite: “puhekello” (telefono, letteralmente “campana parlante”), “ilmalav” (aeroplano, letteralmente “nave dell'aria”) “tontoo” (musica, letteralmente “arte del tono”) e “ratalo” (parlamento, letteralmente “luogo di discussione”) .
Quanto ai termini astratti, vi sono diversi modi per esprimerli. Uno è la creazione di un composto: il concetto di ritardo si traduce con “kellokult” (letteralmente “debito di orologio”). Un altro metodo consiste nell'utilizzare coppie di parole, come avviene in estone, lingua appartenente al ceppo ugro-finnico. L'equivalente del manti del termine latticini è “pimat kermat” (latte e panne); quello di calzature è invece “koet saapat" (scarpe e stivali).
Sebbene il manti sia molto diverso dall'inglese, possiede molti termini facilmente riconoscibili dagli anglofoni come “nekka” (collo), “kuppi” (tazza) “purassi” (portafogli) “noot” (notte) e “pepi” (bimbo). Il manti è l'espressione tangibile e comunicabile del mio mondo interiore. Ogni parola, con i suoi colori e la sua consistenza è per me un'opera d'arte. Quando penso o parlo in manti è come se dipingessi con le parole. [Da Nato in giorno azzurro, Daniel Tammet]