mercoledì 30 maggio 2012

Stilla di libertà


La pelle 
assapora una stilla di libertà.

Il Sottile bisbiglio
della negromante,
è un focolare che divampa;

è polvere di cristallo,
fuochi vermigli;
è zolfo d’orato,
un fiume di coltelli.

Ma di Massa purpurea,
trabocca la ferita,
è un popolo di demoni
una stirpe, onestamente tagliata,
su quella sozza libertà.

Francis

martedì 29 maggio 2012

Un sepalo di rugiada


Odo il vento arrivare.
Una banderuola di cristallo,
le note d’uno xilofono.

Accenti sottili
dolcezza di fondo.
È un velo di seta
Ch’acquieta il colpo.

Da una parte gli Alisei,
dall’altra, il Mistral

Son botteghe di parole,
che timido e ignorante,
mi meravigliano.

È l’audacia dell’esistenza:
-un sepalo di rugiada-,

la perla del cuore,
che trova  famiglia,
nel bazar della vita.

Francis

Desiderio antico


Il Nonnulla
è un cappello che si leva.
L’incontro con un Signore:
-memorie e poesie-.

O mani, che la dimora esista,
nonostante i litorali si sgretolino
e le gerarchie si dileguino,
è un desiderio antico.

Il frullare d’un colibrì
è qualcosa che ignoro;
La Morte, tuttavia, s’aggira
lapidaria.

È un pensiero politico,
un animale demoniaco;
È una stagione che s’appella,
col’avocato del Maligno,
a un articolo vergognoso.

Francis

Origami di carta


Un pacchetto di sigarette.
Una barchetta di carta.

Quest’oggi il vento è forte.
Una raffica, poi un’altra…

Sono due oceani
l’universo:
il cielo e il mare,
il litorale e il firmamento.

Sua Regalità non ha limiti:
da un vuoto all’altro
procede indifferente.

Una barca dispersa
è giunta sugli scogli.
Sul lido celeste,
l’intera fregata .

-Solitaria Gioia,
labbra di granito,
alla dogana del cielo,
origami di carta-.

Francis

Pensieri sparsi IV


Pensieri sparsi,
una cassetta delle poste,
un albero...

Ecco il postino.
-c'è un buon profumo nell'aria,
sta per nevicare!-

Un piede sul pedale
e la corona della catena, gira.

Cigola il violino stonato,
geme spossato
sul filo d’uno sbuffo.

È prodigiosa la costanza del ragno:
una gala di vapore ,
mani invisibili
e l’opera si compone danzando.

È la geometria dell’infinito
una perla d’ingegneria,
un balletto solitario.

La fatica è uno sforzo
che s’intesse col’anima,

è un arazzo del tempo:
una sillaba espirata,

-una Collana di diamanti-.

Francis 

lunedì 28 maggio 2012

Pensieri sparsi III


Pensieri sparsi,
un tavolino all’ingresso,
una siepe,
profumo d’estate.

Una farfalla attraversa la strada.

Il silenzio è cosa rara…
il cielo è blu.
Sciami di foglie, nell’aria,
sono spruzzi nel cielo.

Il colore è sottovalutato.
Sono ondate di tempesta,
lacrime, perché no?

L’anziana trattiene il respiro.
D’argento sono i suoi capelli,
uno scialle rosso
le incornicia le spalle;

la solitudine, una volta
allegra e mesta, si ricurva.
Il vuoto empio come la notte,
spinge il suo sguardo

alla mia portata.
Lo stupore m’assale:
È Poeta la vegliarda!


L’eremo dell’anziana,
è un dispaccio invisibile,
come lo Sfavillo du papillon  
che sovrana -si posa-.

Francis

Pensieri sparsi II


Pensieri sparsi,
origami di notte.
Carte da imballaggio,
scatoloni,
il treno quest’oggi è in ritardo.

In un angolo,
un pomeriggio d’inverno.

Una piaga scarlatta,
una cicatrice nel cielo.
Cumuli di foto;
intorno a noi cade la neve.

È impossibile, mi dico.

È di marchio regale, il Tempo.
L’Assurdo suggella l’aria,
e nello stesso momento,
il carro si fa pesante.

Imperiale afflizione
Di occhi tropo vicini,
È un gioco d’origami,

un sorriso di granito:
la fistola della parola
-che incede sul binario-
in nome di Nicodemo.

Francis

sabato 26 maggio 2012

Pensieri sparsi


Pensieri sparsi,
brevi sospiri fatti di questa misura.
Cartoline da lettere
in sosta indefinita
mentre il tempo, furtivo,
procede nel suo  ciclo.

Ti ringrazio sonno,
una cravatta rossa
per una briciola di pane.
Un sorriso di granito,
come un gioiello,
per un ricordo d’ametista;

son curioso,
guardando tuo il viso,
se c’è disprezzo o estasi,
in un cimelio di pietra.

Futili venti di questa portata,
una bussola, una carta;
ma Pensiero, ahi me, è impossibile
suggellarti  in questo mare.

 Francis

venerdì 25 maggio 2012

L’enigma della farfalla


Ho perduto un filo, un filo di spago.
A guardarlo,
era un’esalazione color miele.

Ho perduto un sospiro, un sospiro Reale,
d’ambra la sua estasi
trepidante di cimeli,
che in viaggio anela di splendore.

L’enigma della farfalla
Che agli occhi dei più,
scuote e urta,
in un battito, indugia  
i Gioiosi a cercare,
disarticolando lo sfavillo.

Ma iperboli e curve,
alla Schiera Solenne,
costringe parabole e svolte,
sullo spago dello sgarro,
fintanto non urta il firmamento
col taglio e con l'inganno.  

Francis

Iena di pietà


Son  supremo, disanima e sangue.

Son Boia, dalla lingua affilata.
L’altro, la madre dolorosa;
La schisi: la parodia .

Son Sommo, farsa d’uno spasimo,
con popolani contrabbando e risparmio.
Son commerciante di mondi ,
farmaco, usciere di fedeltà,
a grossolani, certo, chiedo lealtà.

Oh disanima naturale, nei boschi,
un groviglio di sguardi.
Occhi infranti, specchi e rilessi,
son urne di spiriti circonflessi.

Di Sangue, in verità
C’è n'è un vagone, un treno veloce;
il macchinista, il boia,
con la parodia -viaggia feroce-.

Quella canaglia, -mi spiace-,
la Somma di moralità,
che il tempo lo condanni,
-perché atroce-,
perché iena di pietà.

Francis

giovedì 24 maggio 2012

Je dis Chance

Je dis Chance, ô ma martelée;
Chacun de nous peut recevoir
la part de mystère de l'autre
sans en répandre le secret;
Et la douleur qui vient d'ailleurs
trouve enfin sa séparation
dans la chair de notre unité,
Trouve enfin sa route solaire
-au centre de notre nuée-
qu'elle déchire et recommence.

Désolé si ça vous trècasse!

Francis

lunedì 21 maggio 2012

Una sillaba


Se potesse un Labbro mortale intuire
il Carico originario
di una Sillaba pronunciata
Si -sgretolerebbe- sotto quel peso.

Se potesse un’anima immortale notare
Un corpo buttato sul fimamento
si sgretolerebbe
infrangendosi 

Francis

domenica 20 maggio 2012

Quel pellegrino


Porto un curioso liquore
alle mie labbra inaridite.
Porto un discreto vino
che nessuno conosce.

Potrebbe essere un Regale  
agli occhi dei più.

Non l’avessi accolto tra le mie mani,
nessuno avrebbe saputo 
di quel pellegrino  
che mi incornicia la bocca. 

Francis

giovedì 3 maggio 2012

Io sono il tempo, io sono l’Altro

Ecco l’uomo e la donna, definiti e scolpiti, intagliati nella carne e geometrizzati sulla gola: l'algebra del peccato!

Il malinteso è la via del giardino del tempo. Ineliminabile il malinteso. Impossibile a togliere. Se, altrimenti, si togliesse, la lingua diverrebbe lingua conforme. Lingua sociale. Società linguistica. Un società tagliata sulla parola. Tagliata sull’altro che deve rientrare nei cardini di una trattativa. Nei cardini di una nazione che dialoga con finalità d’intesa. Da qui due nazioni, due luoghi geometrici. Due luoghi topologici dove, il diritto è trattato sull’altro.

L’unilingua, questo è chiaro nell’idea comune. L’educazione al ben parlato. Alla bella parola che, si formalizza e si politicizza. Allora, la parola politica, come il voto politico, è l’animale fantastico dell’occidente. Del discorso occidentale: un marchio ch’è già dato dalla logica del gene; dalla clonazione, o per dirlo con il Genesi, da I saperi di Giuda: io so , che tu sai, che io so, perché, Io come l’Altro, secondo le agenzie delle competenze.

Il discorso schizofrenico privilegia la lingua fina, giungendo all’eloquio in punta di forchetta scrive Armando Verdiglione. E la materia della politica del fantasma schizofrenico, s’intende di palati fini.  L’algebra, quindi, esige il mangiare fine e mangiare grosso, essere gourmet o gourmaund, insomma, il conto è una abbuffata di sassi o, ben che vada, di sabbia: questione di erotismo, non già di sessualità.

Il fantasma schizofrenico abbocca al linguaggio naturale, quello tagliato su misura nell’algebra della pasticca, quello che può amministrare e gestire meglio, perché la Cosa funzioni: naturalmente s’intende la funzione come soluzione finale.

Il Divino è senza Dio, l’umano è senza l’uomo, questo il sistema ben amministrato e compartimentato del dogma gnostico. C’è un dio inferiore e uno superiore, e nel mezzo, per estensione, il purgatorio. La terza classe, il terzo ceto, il ceto medio, il cittadino che partecipa al giudizio, aggregandosi, accodandosi, appecorandosi. La massa trova, nella festa, il banchetto cannibalico, e l’altro, è invitato sempre dopo che Abramo ha massacrato Isacco.

Ecco la dietetica entro cui, lo stesso Jacques Lacan, rimane apparecchiato sulla tavola della sua topologia: cercare la soluzione all’albero della conoscenza del bene e del male, la conoscenza topologica, quel ramo del sapere universale, attraverso la conoscenza stessa, appetisce, sia l’algebra che la geometria, portando entrambe, piuttosto che alla comunicazione, piuttosto che all’alingua, a erigere la torre di Babele. Quella torre che toccherebbero il cielo, mentre, il cielo, scenderebbe sulla terra per farsi terrestre.

Si tratta, quindi, di geometrie del linguaggio; topologie di ciascun organo, dove, per dirlo con il mito greco, Zeus avrebbe lanciato una saetta, quindi una verticale, dal cielo, dividendo l’uomo dalla donna, il corpo dalla mente, in maniera algebrica, fintato da dividere ciascun lacerto di carne, rendendolo polvere di sabbia.

Questo, il deserto dei sensi, dove l’Altro non c'è più.

Il fantasma schizofrenico è il camaleonte, da Zelig: le vite possibili. Vivere più vite, gestire più mogli e più mariti; amministrarli e compartimentali, perché tutto sia chiaro e inteso. D’un intesa naturale, dove la famiglia è naturale, anche la prigione è naturale, fino al nulla naturale: la sparizione. 

La macchina del tempo del fantasma schizofrenico, quindi, è la telepatia. Il linguaggio si trasmetterebbe senza equivoci, senza menzogna, senza malinteso. Tutto passa chiaramente, anche il dolore passa, fino alla vivisezione, quale indossabilità del taglio. Indossabilità del marchio: il vestito su misura.

Concludo con una parodia come modo dell'apertura tratta da -La gita- di Krishna:

“Io sono il tempo, io sono l’Altro”  

Francis

(In riferimento agli scritti di Giampaolo Lai, intorno la schizofrenia)

mercoledì 2 maggio 2012

Cose dell'altro Mondo!

La morte come enigma. Enigma del tempo. Enigma temporale: l’altra vita.  Occorre dire anche, “La vita altrove”. Qualcosa che non è di questo mondo. Altrimenti, ciò ch’è mondo e ciò ch’è immondo: questione d’immagine.

Tale questione s’apre intorno a una rilettura della nevrosi ossessiva. Intendo, ed è chiaro ai più, che le letture sono inedite, particolari e non competenti. Si tratta quindi di letture di discorsi, giammai di discorsi su letture, il cui lume consacrò l’epoca illuminista. 

Il terzo millennio, non ha più conteggio sulle ore, sul tempo. Questa, è l’epoca del fare, dove non c’è più, perché non c’è mai stata, l’idea di fine del tempo. L’idea circolare, quella immaginata, quella fatta.  L’immagine fatta che, rintracciata nell’espressione “detto fatto!”, risulta finita. 

Il presunto immaginabile è negazione dell’immagine, perché diviene possibile. Ma l'immagine è impossibile, è impensabile è inimmaginabile, è in-mentale perché intellettuale.  Se tale non fosse, la presunzione mentale si mostra nel sociale, e si rileva, con Babele, in tutto, dove tutti sono parte sistemica della costruzione. Ordinali e cardinali. Persi, insomma, fra i cardini di produzioni industriali. L’ironia: questione di meccanica. Meccanica sociale, la cui funzionalità, fa circolare il sangue nel corpo, segnando le ore di trasmissione dati.

Dall’orologio analogico all’orologio digitale, il conto è sempre sulle gocce di sangue versato, ma, attenzione, il taglio è sempre temporale. La schisi, lo sgarro, l’errore, scardina il macchinismo di morte, il luogo delle competenze innate, perché è la chiave per i cancelli del paradiso. Cose dell’altro mondo!

Jacques Derrida rintraccia un etimo particolare alla parola fantasma. Per lui esso è copia, copia del mondo. Copia di Dio. Copia mentalizzata, perché supposta, della conoscenza. Copia dell'Altro. Ma Giancarlo Calciolari vi denota, nei sui testi, una declinazione particolare, il fantasma è copia del vivente, copia impossibile della sembianza, della dimensione dell’immagine e del sembiante dell’oggetto. Il fantasma, è l'impossibile rappresentazione del pensiero.

Impossibile applicare il fantasma. impossibile psichiatrizzarlo, quindi localizzarlo. Il fantasma come discorso, il fantasma di padronanza di ciò di cui si discorre qui e là, nel discorso ossessivo, segna il colpo col terrore. Il terrore agibile, quello preso frai i cardini e soggettivato delle case farmaceutiche, si mentalizza, fino alla vergogna, per paura per la diversità artistica.

Il fantasma di produzione, dove la agenzie della conoscenza criticano, l'umano troppo umano, necessita, quindi, di decifrazione dei moti dell'anima, per instaurare la genetica dell'uguaglianza e della comunanza. L'idea di bene applicabile a tutti.

Che il fantasma agisce, presumendo la sua capacità di distruzione del logos, è solo una prerogativa del discorso occidentale che, s'apre, ai tagli di parola. Giammai si tratta di parola tagliata, grigliata e affettata, piuttosto la parola è taglio dove, il lapsus risulta come tentativo impossibile di economizzare la parola stessa.

La parola letta nel lapsus, non è più discorso come nevrosi soggettiva. Non è più discorso sul soggetto, alla morte, poiché non c’è più soggetto ossessivo, o nevrosi ossessiva, intesa come corpo: il corpo discorsivo. Ecco la novità! Niente è addomesticabile, perché niente è nulla, è stato della parola, non dell’ente, del soggetto, o dell’ente del soggetto, poiché ni-ente è nessun ente soggettivo. Nessun ente ontologico.  Nessun ente originale, perché le cose procedono dal due, non dal uno. Da duali a triali, nella logica della nominazione.

Giambattista Vico notava che il diritto non è la giustizia. Il diritto non è giudiziario. Non è messo al giudizio di qualcuno, di qualunque uno. Piuttosto il diritto e la poesia sono la base del pragma dove, ciascuno è puntuale nella sua impresa.

L’impresa è scommessa di vita. Scommessa, per l'ossessivo, di dissipare il fantasma circolare, quello che lo blocca facendolo girare in tondo, fino al mal di testa, per il terrore, alle porte del paradiso.

Cose dell’altro mondo!

Francis