sabato 18 febbraio 2012

La parola incontenibile.

Macchiavelli pittore, Macchiavelli disegnatore, Macchiavelli scrittore. Ecco la Torah che lui ci lascia. Ecco l’immortalità del corpo.
Macchiavelli è scrittore della parola. Leggere Nicolò Macchiavelli è leggere la politica del tempo e non il tempo politico.
Il tempo politico è il tempo della morte dove, l’interrogazione trova già risposta, non lasciando tempo altro per riflettere.

Esso è il tempo del commensale, quello del discorso umanitario dove, l’idea di ben-essere subisce i colpi della pasticca, il cui contraccolpo, è un colpo al cuore.
Colpo tradotto è farmaco entro cui, la farmacologia di Platone, circola nel banchetto allestito per economizzare l’alimento.
Il banchetto ha fondamento sulla fine del tempo, quale cena ultima più che ultima cena, dove qualsiasi chance è buona per una nuova distribuzione di organi.

Il banchetto cannibalico è quello dell’uomo comune, quello che circola e che fa cerchio apparecchiando se stesso sulla tavola rotonda.  È la figura dell’uroboro, il serpente tentatore : rm letto arum tradotto come nudo o astuto. 
Ma il vero inganno è credere che Dio/Macchiavelli conosca ciò ch’è giusto o sbagliato, e che, mangiando il corpo/mela, il supposto frutto della conoscenza, si divenga Come Dio.

“Allora si aprirono gli occhi di Adamo ed Eva e tutti e due s’accorsero d’essere nudi”  nudi come il serpente che li ha fatti abboccare, con la sua astuzia, e vergognare d’Essere come lui.

Ognuno è l’uomo del sistema, capace, con i suoi discorsi, di sistemare, instituire con ragione, la dicotomia, il due tagliato in due.  E allora l’uomo cannibale si trova a indossare la divisione, l’algebra, perché tagliato nel suo campo.
Così l’uomo s’accomoda sul cadavere eccellente, sul corpo acquisito, vestendo il nome del padre nel Nome del Padre  Il business cannibalico si sistema sul cadavere del padre, sul suo impero standardizzando, così, l’impresa intellettuale,  s’appiattisce sulla scrittura.

La storia standardizzata è quella che si riferisce all’epoca dei padri e delle madri, entro cui la nevrotizzazione e la psicotizzatione tornano, più forti, in ciascuna nostra impresa.
Contro la normalizzazione, il luogocomunismo, il senso comune, contro il partito dello psicofarmaco che tutto deve comprendere, prendere, gestire ed elargire in piccole o grandi dosi. Contro l’ideologia che, già da Aristotele, ha tentato di cancellare, escludere, delimitare la parola stessa. La parola irrompe più forte perché, incontenibile, imprendibile, incalcolabile con il cristianesimo prima, con il rinascimento poi. Essa irrompe con la scienza, con l’arte, con la politica, quella di Macchiavelli, dove il tempo dimora nell’intervallo della storia fra il sentiero della legge e il sentiero dell’etica.

Max Planck afferma: Una nuova verità scientifica non trionfa convincendo i suoi oppositori, e facendo loro vedere la luce, ma piuttosto perché i suoi oppositori alla fine muoiono, e cresce una nuova generazione che è abituata ad essa. L’ironia non è banale perché gli oppositori cui si riferisce sono quelli indottrinati nella loro stessa professione e che come scrisse Freud (scrivo a memoria) è bene che gli scienziati/poliitici si occupino dei sistemi dell’universo, ma è bene anche che non dimentichino il segno, il particolare, l’impressione profonda, il modo di guardare l’universo, per un’ipotesi sempre nuova d’approccio a tale.

La psicanalisi s’occupa di questo, questa scienza nuova s’impara anzitutto su se stessi mediante lo studio della propria personalità, del proprio particolare, degli effetti /affetti, delle pulsioni del corpo.

La spazializzazione del corpo implica l’occupazione di un luogo, la mentalizzazione del corpo la sua abitabilità. Cartesio sostiene la possibilità di creare un corpo senza cervello, quindi senza anima, senza affetto per dirlo con Freud, funzionale solamente al ricambio degli organi, in una nuova organizzazione economica. Egli propone un’altra distribuzione di organi per i sui commensali. La res extensa e la res cogitans  di Cartesio sono entrambe sostanze, ma di natura diversa e separata: il corpo è concepito come una macchina che si muove da sé, in modo automatico.

Il corpo così proposto viene spazializzato e temporalizzato, mantenendo l’idea di una sua presenza come apertura al mondo dell’esperienza, con l’unico risultato di riporre la cosiddetta corporeità sulla carnalità fisica negando propriamente il Gesto di Cristo.
Ma Freud s’inventa la pulsione, la quale si colloca tra lo psichico e il somatico e la psicanalisi s’incomincia a precisare come qualità della parola, che sul taglio della scena di Cristo, introduce la funzione.

Jacques Lacan quindi apre la questione sulla scena con la sua topologia, la scena del Padre e la scena del Figlio entro cui s’instaura il reale che in latino si traduce con verus “vero” e solidus “denso, intero, completo”. Quindi sarebbe il reale supposto all’Immaginario, il particolare del corpo. Ma Lacan complica ulteriormente la questione affermando che il reale s’approccia all’identità a sé. Egli utilizza una perifrasi: “È ben reale, res ita se habet (“la cosa sta così”)”. La realtà, la cosa stessa, è l’identità a sè medesima che può garantirsi solo dalla differenza rispetto agli altri.

La parola dunque è altra cosa: la stessa cosa, ch’esige autismo e il sembiante, e la cosa stessa, ch’esige l’automatismo e il tempo , tra l’uno e l’altra la cosa differente e varia, l’intendimento , la cosa intellettuale, la qualità!


"Questi tempi richieggono deliberazioni audaci, inusitate et strane. Et, quanto alla neutralità, il quale partito mi sembra di sentire approvare da molti, a me non può piacere, perché io non ho memoria, né in quelle cose che ho veduto, né in quelle che ho lette, che fosse mai buono, anzi è sempre suto pernitiosissimo, perché si perde al certo"

Ecco il Macchiavelli scrittore di qualità. Scrittore politico.

Francis

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