Macchiavelli
è scrittore della parola. Leggere Nicolò Macchiavelli è leggere la politica
del tempo e non il tempo politico.
Il tempo
politico è il tempo della morte dove, l’interrogazione trova già risposta, non
lasciando tempo altro per riflettere.
Esso è il
tempo del commensale, quello del discorso umanitario dove, l’idea di ben-essere
subisce i colpi della pasticca, il cui contraccolpo, è un colpo al cuore.
Colpo
tradotto è farmaco entro cui, la farmacologia di Platone, circola nel banchetto
allestito per economizzare l’alimento.
Il banchetto
ha fondamento sulla fine del tempo, quale cena ultima più che ultima cena, dove qualsiasi chance è
buona per una nuova distribuzione di organi.
Il banchetto
cannibalico è quello dell’uomo comune, quello che circola e che fa cerchio
apparecchiando se stesso sulla tavola rotonda. È la figura dell’uroboro, il serpente tentatore : rm letto arum tradotto come nudo o astuto.
Ma il vero
inganno è credere che Dio/Macchiavelli conosca ciò ch’è giusto o sbagliato, e
che, mangiando il corpo/mela, il supposto frutto della conoscenza, si divenga
Come Dio.
“Allora si aprirono gli occhi di Adamo ed
Eva e tutti e due s’accorsero d’essere nudi” nudi come il serpente che li ha fatti abboccare, con la sua
astuzia, e vergognare d’Essere come lui.
Ognuno è
l’uomo del sistema, capace, con i suoi discorsi, di sistemare, instituire con
ragione, la dicotomia, il due tagliato in due. E allora l’uomo cannibale si trova a indossare la divisione,
l’algebra, perché tagliato nel suo campo.
Così l’uomo
s’accomoda sul cadavere eccellente, sul corpo acquisito, vestendo il nome del
padre nel Nome del Padre Il
business cannibalico si sistema sul cadavere del padre, sul suo impero
standardizzando, così, l’impresa intellettuale, s’appiattisce sulla scrittura.
La storia standardizzata
è quella che si riferisce all’epoca dei padri e delle madri, entro cui la
nevrotizzazione e la psicotizzatione tornano, più forti, in ciascuna nostra
impresa.
Contro la
normalizzazione, il luogocomunismo, il senso comune, contro il partito dello
psicofarmaco che tutto deve comprendere, prendere, gestire ed elargire in
piccole o grandi dosi. Contro l’ideologia che, già da Aristotele, ha tentato di
cancellare, escludere, delimitare la parola stessa. La parola irrompe più forte
perché, incontenibile, imprendibile, incalcolabile con il cristianesimo prima,
con il rinascimento poi. Essa irrompe con la scienza, con l’arte, con la
politica, quella di Macchiavelli, dove il tempo dimora nell’intervallo della
storia fra il sentiero della legge e il sentiero dell’etica.
Max Planck afferma:
Una nuova verità scientifica non trionfa
convincendo i suoi oppositori, e facendo loro vedere la luce, ma piuttosto
perché i suoi oppositori alla fine muoiono, e cresce una nuova generazione che
è abituata ad essa. L’ironia non è banale perché gli oppositori cui si
riferisce sono quelli indottrinati nella loro stessa professione e che come
scrisse Freud (scrivo a memoria) è bene che gli scienziati/poliitici si
occupino dei sistemi dell’universo, ma è bene anche che non dimentichino il
segno, il particolare, l’impressione profonda, il modo di guardare l’universo, per
un’ipotesi sempre nuova d’approccio a tale.
La psicanalisi
s’occupa di questo, questa scienza nuova
s’impara anzitutto su se stessi mediante lo studio della propria
personalità, del proprio particolare, degli effetti /affetti, delle pulsioni
del corpo.
La
spazializzazione del corpo implica l’occupazione di un luogo, la
mentalizzazione del corpo la sua abitabilità. Cartesio sostiene la possibilità di creare
un corpo senza cervello, quindi senza anima, senza affetto per dirlo con Freud,
funzionale solamente al ricambio degli organi, in una nuova organizzazione
economica. Egli propone un’altra distribuzione di organi per i sui commensali. La
res extensa e la res cogitans di Cartesio sono entrambe sostanze, ma di natura diversa e
separata: il corpo è concepito come una macchina che si muove da sé, in modo
automatico.
Il corpo così
proposto viene spazializzato e temporalizzato, mantenendo l’idea di una sua
presenza come apertura al mondo dell’esperienza, con l’unico risultato di
riporre la cosiddetta corporeità sulla carnalità fisica negando propriamente il
Gesto di Cristo.
Ma Freud
s’inventa la pulsione, la quale si colloca tra lo psichico e il somatico e la
psicanalisi s’incomincia a precisare come qualità della parola, che sul taglio
della scena di Cristo, introduce la funzione.
Jacques Lacan
quindi apre la questione sulla scena con la sua topologia, la scena del Padre e
la scena del Figlio entro cui s’instaura il reale che in latino si traduce con verus “vero” e solidus “denso, intero, completo”.
Quindi sarebbe il reale supposto all’Immaginario, il particolare del corpo. Ma
Lacan complica ulteriormente la questione affermando che il reale s’approccia
all’identità a sé. Egli utilizza una perifrasi: “È ben reale, res ita se
habet (“la cosa sta così”)”. La realtà, la cosa stessa, è l’identità a sè
medesima che può garantirsi solo dalla differenza rispetto agli altri.
La parola
dunque è altra cosa: la stessa cosa, ch’esige autismo e il sembiante, e la cosa
stessa, ch’esige l’automatismo e il tempo , tra l’uno e l’altra la cosa
differente e varia, l’intendimento , la cosa intellettuale, la qualità!
"Questi
tempi richieggono deliberazioni audaci, inusitate et strane. Et, quanto alla
neutralità, il quale partito mi sembra di sentire approvare da molti, a me non
può piacere, perché io non ho memoria, né in quelle cose che ho veduto, né in
quelle che ho lette, che fosse mai buono, anzi è sempre suto pernitiosissimo,
perché si perde al certo"
Ecco il Macchiavelli
scrittore di qualità. Scrittore politico.
Francis
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