mercoledì 22 febbraio 2012

L'io (e)' l'altro, l'io h(o) l'altro?

Un articolo di giornale dal titolo "La russia deve ricostruire il suo esercito" mi chiama alla mente alcune questioni, la necessità degli strumenti di guerra, una guerra nucleare che prima significata come possibile fine dell'umanità viene ora riproposta come fine della civiltà. Dall'annichilimento dell'uomo, alla distruzione dell'ordine precostituito, di quello che concerne al cittadino, la città e le mura che la circondano.
Quanto più sentito nella nostra generazione è la perdita dei confini, resi eterei dalla telematizzaizione della comunicazione, dalla perdita di centralità della città non più locale ma globale a questo fa da cornice lo smarrimento di una identità collettiva che più che favorire il mito della identità personale, dell'individualizzazione è andato nella direzione della identità diffusa, priva di confini interni ed esterni, priva di una continuità del sé e dei moltiplici sé e dell'altro e dei molteplici altro.
La questione si gioca sempre di più sulla relazione con l'alterità; leggevo del passaggio dal fantasma dell'inclusione nel partito, dal rischio dell'andare contro l'ordine precostituito, contro il bispensiero del Grande Fratello, all'ossessione moderna di rimanere all'interno del partito, all'interno della Casa del Grande Fratello per non rimanere fuori, nell'ignoto, nel territorio dell'altro.
Una cultura fissata sull'immagine del sé, una cultura di deriva narcisistica, dove la relazione con l'alterità non può più essere giocata sull'essere oltre all'altro, sulla propria questione individuale oltre al Nome-del-Padre, ma che si gioca sul possesso dell'altro nel tentativo di controllare ogni diversità, riconducendola al Sé o distruggendola, perchè del Sé e dei suoi limiti, ultimo la morte, non possono esserne accettati i confini.

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