Il cristianesimo
guarda Gesù cristo come dio fatto Uomo. Quindi ancora prima che il Figlio si
faccia uomo, viene posto in origine lo statuto dell’uomo, il quale segue nel
suo atto, nell’Esodo, una sua etica.
L’uomo Mosè
è sembiante, è oggetto di parola che guida il popolo alla liberazione.
L’uomo Gesù
è il tempo e afferma, secondo l’occorrenza, che non c’è da aspettare per operare.
La sua opera
trova cittadinanza nella sua parola, il suo atto. La sua impresa.
Il cristiano
ha l’obbligo di edificare il suo monoteismo stretto, per dirlo con Freud,
perché non c’è più tempo da perdere, il suo incedere è il suo Pentateuco
personale.
L’opportunità
qui trova la remissione dei peccati dove, annotando una lettura
giudeo-romana, quindi tra l’ebraismo e il cattolicesimo, si segna l’accordo
sui primi tre comandamenti: la santificazione del Nome.
Il principio
di vita, il principio di parola, il principio di Verbo. Tolta la causa, tolto
il Nome è tolta la provocazione della parola con i suoi effetti che, circolando,
l’itinerario di vita, diviene itinerario canonico.
La
canonizzazione è amore per l’ortodossia, quella di Lutero, che accusa il
cattolicesimo di eresia, selezionando così chi è dentro e è chi fuori dalla sua
chiesa. Il principio di terzo escluso, nato in Grecia con Aristotele.
Per lo
stesso principio il luogo comune si veste nell’immagine laicista e ateista, che
non intendendo per nulla la questione intorno il nome di Dio, si condanna a
essere la sostanza di una nova comunità/civiltà, di un insieme entro cui, l’uni-verso,
si rinchiude su una sola versione dei fatti.
Per questa
“nuova”canonizzazione, la scienza della parola è esclusa, mentre
l’epistemologia si limita sulla tecnica discorsiva, quella dove tutto è
politicamente corretto.
Questo è il
fantasma del monoteismo epistemico, dove la caccia agli ebrei trova la sua
giustificazione.
La
giustificazione afferma ciò che sta dentro e ciò che sta fuori, ciò che è pieno
e ciò che è vuoto, per riempirsi di nulla fino alla morte. Si tratta quindi di
leggere il fantasma di presunzione entro cui, la teoria, rimane implicita al
soggetto.
L’occorrenza
è sempre seconda, perché quadratura del cerchio naturale. Essa è rinascimento,
che teorizza quel che dell’esperienza si scrive: il nutrimento intellettuale.
La rinascita
di Cristo quindi deve essere letta come apertura, non su una vita dopo la morte
che, il cristianesimo attende da mille anni con il messia, ma come fede che
restituisce per astrazione un’ipotesi pragmatica, etica.
L’identità e
l’integrazione sono due monoteismi, il regno di Dio: la voce; e il regno del
Figlio, la parola, entrambi e ciascuno nella sua funzione, dall’inconciliabile,
trovano l’apertura intellettuale. La piega e la scrittura.
Così nel
rischio e nell’azzardo i due fratelli, Ebraismo e Cristianesimo partecipano
alla costruzione della civiltà, entro cui il terzo l’Islamismo non è escluso.
Questa è la
nostra impresa intellettuale: la questione ebraica che introduce Dio, il Nome e
la Legge; la questione Cristiana che introduce il Figlio, l’Etica, il Fare; e
la questione Islamica, ch’è Islamica e altra cosa dalla questione Ebraica e
dalla questione Cristiana, l’altro figlio. A queste tre s’opera un più zero, la
questione indiana: la silente traccia.
Francis
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